L’artista Tracey Emin porta avanti una ricerca d’implacabile scavo autobiografico tra memorie dell’adolescenza, celebrazioni dei propri fallimenti e denuncia della violenza un tempo subita “come se fosse normale”.
Una violenza contro le donne che l’artista ha vissuto sulla propria pelle e da cui non sa liberarsi, riproponendola con altrettanta brutalità oppure attraverso una manualità goffa, eppure provvista d’insolita delicatezza. Tanto da guadagnarsi la nomea di “ragazza terribile” dell’arte concettuale britannica con le sue scandalose performance e per il famige rato letto sfatto (My bed), esposto nel 1997 alla mostra Sensation. You Should Have Loved Me, ossia “mi avresti dovuto amare” oppure “dovresti avermi amata”, recita la scritta al neon bianco esposta ad Austin. Con questa accusa o dubbio pungente di un’amante disprezzata, formulati attraverso le linee andamentali di un nervoso corsivo da pagina di diario, Emin parla della vita, programmaticamente senza sofismi e senza galateo.
Una vita, come lei ha spiegato al Frieze Magazine, «fatta di avvenimenti molto semplici che possono trasformarsi in catastrofi. Tutti si innamorano, tutti si sentono soli, hanno paura, scopano e muoiono ».